“Lunedì 17 marzo verrà a farci visita un nonno pittore. Dipingerà con voi e ci parlerà di Peggy Guggenheim che lui ha conosciuto personalmente. Come sapete Peggy è la signora che ha ospitato tanti pittori astrattisti del secolo scorso ed ha raccolto nella sua fondazione molti loro quadri che noi andremo a vedere a Venezia nel prossimo mese di aprile”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

J. Pollock:
Enchanted Forest, 1947

 

 

 

di Gabriele Stoppani

 

Due nonni e una foresta astratta

 

 

Max Ernst: L’ultimo bosco, 1969

Così le maestre della scuola materna di Sovramonte (BL) hanno anticipato la visita del pittore Sergio Michieli, in arte “Mike” ai loro bambini.
In maniera semplice ed intelligente hanno preparato un ambiente con l’atmosfera familiare adatta alla loro età, in particolare coniando l’epiteto azzeccato: “un nonno pittore”. Ed hanno fatto bene. Chi insegna con passione e professione sa che il maestro non regala o trasmette solo nozioni ma soprattutto “segna” (insegna appunto) la strada che il discepolo può seguire per conoscere sè stesso, le proprie capacità ed il mondo che lo circonda. Hanno saputo creare in loro l’attesa giusta, stimolando da una parte la loro sfera emotiva, cioè il desiderio di conoscere una persona che fa arte astratta, dall’altra quella razionale, preparandoli ad usare i colori, in tutte le tecniche, per disegnare un bosco di fantasia. Ed è questo, il bosco e la foresta, il tema scelto all’interno del progetto didattico che fa della loro scuola una delle protagoniste tra tutte quelle che aderiscono ai programmi e percorsi nazionali della fondazione Guggenheim.
Qualcuno obietterà: ma come la pittura astratta a bambini di 3, 4 o 5 anni? Se non la capiamo neppure noi che siamo adulti? Noi adulti appunto non la capiamo, per i bambini è diverso: loro la fanno, eccome! A consolare i più riottosi a cambiare atteggiamento (ricordiamo tra l’altro che Kandinskij ne inizia il percorso più di cento anni fa) riportiamo una delle frasi più famose di Pablo Picasso (di fronte a lui anche il maniaco del figurativo, chissà poi perchè, tace) che così recita: “ho vissuto da uomo, ma ho sempre dipinto come un bambino”. Al bambino viene spontaneo colorare le proprie emozioni, le fantasie i sogni le paure ecc. e lo fa affidando alla cromaticità distribuita sul foglio le proprie intime intenzioni; poi ovviamente va educato, nella tecnica e nel segno, con l’aiuto dei maestri o di esperti sul campo, come Mike appunto.
Ma come è arrivato il nonno pittore da Venezia a Sovramonte? Sono stato io il colpevole, altro nonno in pensione, insegnante per 40 anni, appassionato di arte e filosofia ma anche innamorato delle montagne e dei boschi di questo altipiano, dei suoi borghi della sua gente, dei torrenti e del laghetto di Rodela che mi godo dalla terrazza di un rustico di Sorriva. Qui vengo in vacanza, ma ormai pur continuando a vivere a Mestre, ho eletto questa terra a mia seconda patria. Quando ho sentito che la scuola materna aderiva al progetto della Guggenheim settore didattico, ho proposto questo incontro alle maestre ed alla direzione, ne sono rimasti entusiasti, ed anche l’amico Mike ha accettato di buon grado; trasmettere ai più piccoli le proprie conoscenze e raccontare loro le proprie esperienze è uno dei piaceri più
grandi di cui lo spirito umano possa pascersi, si cresce donando e fors’anche consegnando il testimonio della conoscenza e della saggezza.
Sergio Michieli nato in una famiglia di “doradori” veneziani, respira arte in famiglia e si dedica alla pittura fin da ragazzo. Non smetterà mai di dipingere anche se per vivere dovrà svolgere un lavoro impiegatizio. Da quando è in pensione può dedicarsi totalmente alla sua passione. Lui è passato dal figurativo al simbolico all’astratto e sta in questi giorni preparando una mostra antologica a Mestre dove
attualmente sogna e segna, coi colori ovviamente. La scuola di pittura astratta da lui preferita è quella spazialista, fondata da Lucio Fontana Milani e Crippa negli anni Cinquanta. A Venezia in quegli anni ha conosciuto personalmente, presso la Guggenheim e gli altri cenacoli artistici molto vivi in quegli anni, pittori come Bacci Morandis Gasparini Rampin Licata Toffoli Finzi, ed il grande ma tragicamente
sfortunato Tancredi di Feltre. Oggi ancora a loro si ispira ma percorrendo una sua originale ricerca cromatica che è testimoniata in mostre e gallerie di Venezia ed oltre.
Ed arriva lunedì 17 di marzo. Una bellissima mattina di sole, mancano quattro giorni a primavera ma già i profumi ed i colori della natura lasciano in bocca il sapore della nuova stagione. Entriamo nella
luminosa scuola resa ancora più accogliente dai disegni dei bimbi e dal loro sorriso. Le maestre li sistemano a semicerchio e sul virtuale proscenio di teatro, su due sedie, si accomodano i due nonni. Io sono il nonno chiacchierone, raccontastorie. Inizio con una fiaba che cade a fagiolo (siamo nella terra giusta) sul tema, il bosco ed anche la primavera. E’ una leggenda dei paesi dell’est; narra di una regina cattiva chiamata Inverno che regna con la violenza del freddo e gelo su piante e animali, che seppur sottomessi hanno un moto d’orgoglio e chiamano in aiuto la sua nemica, la principessa Primavera. Questa vince, uccide la vecchia regina, ma si ferisce; dal suo dito esce una stilla di sangue che cade su un fiore che, bagnato dalla rossa goccia, si rinvigorisce ed esce dal gelo, è il bucaneve. Gli altri fiori lo seguiranno, gli animali si risveglieranno e felici passeranno anche l’estate e l’autunno.
Mentre nel racconto si alternano le stagioni, Mike mostra 4 suoi quadretti, quattro esplosioni di colore, che simboleggiano le stagioni: i bambini senza alcuna perplessità chiamano ad una voce ogni quadro e
non sbagliano: dai colori intuiscono e capiscono quali stagioni Mike ha dipinto.
Ora tocca al nonno pittore. Parla un po’ della sua vita mostra loro altre sue tele e poi: “Voi andrete in visita alla Guggenheim con le vostre maestre; io la Peggy l’ho conosciuta di persona, era una persona
elegante e colta, accoglieva nella sua villa i grandi pittori come Pollock Picasso Bacci Tancredi e faceva conoscere i loro quadri, erano gli anni 50-60, in Italia ed all’estero specie in America.

Amava girare per Venezia in gondola e si portava sempre appresso i suoi amatissimi cagnolini; anzi quando andrete alla fondazione troverete la sua tomba, ed attorno vedrete altre 6 piccole tombe, sono dei suoi cagnolini che volle sepolti attorno a lei. Ma vedrete anche i quadri di cui le vostre maestre vi hanno mostrato le foto, il bosco di Ernst, di Klimt e di Pollock. A proposito ora vi mostro come Pollock l’ha dipinto”. Mike a questo punto prende un grande foglio bianco fornitogli dalle insegnanti si piazza nel centro del foglio e dice: “Pollock dipingeva i suoi quadri entrando dentro di essi e vivendo con essi, poi prendeva il pennello e faceva gocciolare i colori sulla carta creando così il suo quadro”. Poi aggiunge: “Ora vi dico cos’è la pittura spazialista che io amo molto; sapete qualcuno una volta mi ha definito un pittore nello spazio e un po’ è così. Quando avevo circa vent’anni l’uomo cominciò a volare nello spazio celeste inviando satelliti sonde navette spaziali nel cielo, mise in orbita anche una cagnetta di nome Laika; si aprivano nuovi orizzonti verso l’infinito e ciò stimolava la mia fantasia che immaginava mondi mai visti e territori misteriosi come pure lo erano i regni dell’infinitamente piccolo quali l’atomo gli elettroni i protoni, tutte cose invisibili ma che si possono vedere con gli occhi della mente e che, non avendo forma, si possono riprodurre sulla tela solo col colore che esprime le idee con segni cromatici. La mia pittura ha sperimentato dopo anche i territori dell’emozione, come la paura il coraggio il dolore l’amore eccetera che si possono rendere con fantasmagorie di colori chiari per esprimere gioia o con macchie di colore scuro per dare la sensazione del dolore.
E adesso facciamo i pittori tutti insieme. Io disegnerò sulla lavagna la mia foresta personale, per restare sul tema che le vostre maestre hanno proposto, voi, ciascuno sul proprio foglio, disegnerete liberamente qualcosa che la fantasia vi suggerisce dopo aver sentito la fiaba del nonno cantastorie e le parole del nonno pittore”.

Sergio Michieli “Mike”:
Foresta, dalle illustrazioni per l’Inferno di Dante


E tutti si sono messi al lavoro: Mike alla lavagna, i bambini sui loro fogli, entrambi usando i gessetti colorati. Questo esercizio è una prova di saggezza socratiana che le maestre hanno dimostrato di praticare nella loro attività didattica: l’importante non è sapere, ma saper vivere, quindi saper fare, usando le conoscenze per produrre e crescere.
Mike ha fatto la sua foresta usando i gessi di punta e di spatola, ed altrettanto hanno fatto i bambini. Istruiti nel tempo dalle insegnanti e in diretta dal maestro hanno applicato le tecniche alla loro fantasia.
Ne sono usciti dei bellissimi quadri, tutti originali e significativi.
Non staremo ad enumerarli tutti, ma alcuni vanno citati per far capire il valore di una giornata di scuola e di vita: un policromo di fantasia coordinata, un monocromo rosa con vuoti e pieni su onda emotiva, una nave tra acqua e spazio, una farfalla bionica, due campane con dentro due ominidi (i due nonni?).
Non so se la lavagna del nonno pittore e i disegni dei bambini resteranno nel tempo, di sicuro Mike continuerà a dipingere e i bambini continueranno a crescere ed entrambi, a cui si aggiunge il nonno contastorie, ricorderanno nel tempo una giornata di straordinaria felicità.
E complimenti ai docenti che hanno saputo educare i bambini al rispetto alla conoscenza alla creatività. Un esempio di scuola moderna ed attiva che testimonia del valore dell’insegnamento a Sovramonte e penso anche altrove, esercitando con pazienza un lavoro di infinita importanza, troppo spesso sottovalutato e qualche volta denigrato.

Gabriele Stoppani, insegnante
e per un giorno nonno contastorie alla materna di Sovramonte.